Non si deve bloccare solo il virus, ma anche la disuguaglianza che ne deriva

Non si deve bloccare solo il virus, ma anche la disuguaglianza che ne deriva

I poveri e gli emarginati sono sempre stati i più colpiti nei periodi di emergenza. In questa pandemia non sarà diverso. Eppure, una buona gestione della crisi potrebbe permettere di minimizzare l’impatto dell’evento inaspettato, anche sulle dinamiche sociali.

Se oggi la crisi sanitaria indotta dal Covid-19 sembra essere superata, la crisi sociale è solo all’inizio. Durante le emergenze, emergono gli aspetti già fragili e compromessi della società che, inevitabilmente, finiscono per deteriorarsi se gestiti male. Tra questi ci sono le disuguaglianze sociali. Da una parte, esse possono essere messe completamente in discussione, ricostruendo un nuovo sistema più equo dopo una calamità; dall’altra, si potrebbe gestire l’emergenza facendo attenzione a non amplificare tali diseguaglianze.

 

GESTIONE RESILIENTE DELLA CRISI

Darwin è un progetto europeo di ricerca che ha realizzato linee guida per la gestione resiliente di crisi attese e non, naturali o causate dall’uomo. Tra le varie raccomandazioni fornite, una di più alto livello si riferisce alla necessità che l’agenda dei governi e delle diverse organizzazioni attive prima, dopo e durante un’emergenza non si concentri solo su questioni tecniche e di effetto immediato (come le misure per impedire la trasmissione di una malattia, o la pianificazione delle risorse necessarie durante un’epidemia), ma persegua l’acquisizione di capacità che possano, nel futuro, limitare i danni e costruire una società più solida.

In che modo una gestione resiliente avrebbe potuto diminuire l’impatto della pandemia sulle dinamiche sociali?

 

SMART WORKING: POTEVA ESSERE GESTITO MEGLIO

Un italiano su tre ha visto il suo reddito diminuire nel mese di marzo, rispetto a gennaio, e la metà di questi era già povera prima dell’epidemia. Secondo Vincenzo Galasso, professore di Economia all’Università Bocconi, ciò è dovuto in parte alla mancanza di quella dotazione infrastrutturale che avrebbe permesso un accesso più equo al lavoro da remoto.

Il tanto lodato smart working non è stato, infatti, vissuto da tutti nello stesso modo. Un’indagine della CGIL rivela che il 31% dei partecipanti non aveva competenze nell’uso di strumenti e tecnologie informatiche, e che solo il 31% disponeva di una stanza per lavorare. Le donne, che già in tempi normali sono più investite dello svolgimento di attività domestiche e di cura, durante il lockdown hanno sperimentato un reale sovraccarico di lavoro dovuto alla difficile conciliazione tra la propria attività professionale, svolta in smart working, e l’esecuzione delle mansioni familiari. Ad esse si è aggiunto l’oneroso affiancamento ai figli nella didattica a distanza. Inoltre, sono prevalentemente gli uomini a beneficiare del pc fornito dall’azienda, mentre la maggior parte delle donne possiede un pc personale e/o in condivisione con altri familiari.

Per una gestione resiliente della crisi è importante capire, già prima che essa avvenga, quali sono gli aspetti più vulnerabili di ogni professione connessi alle specifiche caratteristiche delle mansioni svolte. Bisogna poi definire metodi di lavoro alternativi e i meccanismi per metterli in pratica; ed infine, erogare la necessaria formazione per la loro adozione. Una gestione dell’emergenza secondo quest’ottica mira ad accrescere la preparedness di governi e privati, cioè l’insieme di conoscenze e capacità acquisite per prevenire, rispondere e contrastare l’impatto di eventi critici sulla popolazione.

A questo proposito, seguendo le linee guida di Darwin, aziende e istituzioni dovevano aver già redatto un piano per permettere ai propri dipendenti di lavorare a distanza in situazioni in cui l’accesso al posto di lavoro non potesse essere garantito per problemi di sicurezza, come durante l’attuale pandemia. Molte aziende, invece, erano impreparate: il 76.4% delle imprese italiane non ha investito nell’adozione di sistemi di lavoro agile prima del 2019. Ciò ha avuto conseguenze dirette sui molti dipendenti che hanno dovuto sostenere le spese necessarie per l’acquisto di strumenti di lavoro adeguati per lo smart working e, in alcuni casi, sono stati addirittura impossibilitati a lavorare.

 

LA DIDATTICA A DISTANZA INCLUDE O ESCLUDE?

Anche la didattica a distanza (DAD) ha sofferto del divario digitale presente nel Paese. La DAD ha raggiunto 6,7 milioni di studenti attraverso mezzi diversi, lasciandone tuttavia fuori 1,6 milioni. Marcello Pacifico, presidente dell’Anief (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori), sostiene che «almeno un alunno ogni tre ha seri problemi di accesso alle lezioni e ai compiti impartiti dai docenti via web». Non tutte le famiglie, infatti, hanno a disposizione connessioni internet, pc, o tablet. Lo stesso vale per il corpo docenti, che non sempre possiede una rete di connessione stabile o un pc personale. Nel 2019 solo il 76,1% delle famiglie italiane aveva accesso a internet, il più delle quali nelle regioni del centro e del nord Italia e nelle grandi città.

L’emergenza ci ha mostrato l’importanza della DAD, ma anche i suoi limiti. Tra di essi, ha evidenziato come la tecnologia possa amplificare le differenze sociali ed escludere, se non supportata da politiche mirate a livellare il divario digitale presente nella popolazione, come per esempio la creazione di fondi finalizzati alla diffusione di banda ultralarga in zone più povere e remote. Elementi da tenere in considerazione per essere preparati a una eventuale nuova crisi.

 

PROTEGGERE LE COMUNITÀ PIÙ VULNERABILI

L’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ha pubblicato dei dati che indicano come la violenza sulle donne sia triplicata durante l’epidemia. La convivenza forzata e l’instabilità socio-economica, appunto, sono fattori che espongono maggiormente le donne alla violenza domestica.

Tra le linee guida fornite da Darwin, si esplica la necessità di dare attenzione alle comunità più vulnerabili. Ancora prima che l’emergenza si verifichi, è importante capire quali sono gli elementi di fragilità delle diverse comunità, se certe comunità sono più a rischio di altre di fronte a determinate emergenze, e definire quali sono le azioni da prendere per contenere il rischio.

 

«NON LASCIARE MAI CHE UNA CRISI DIVENTI UN’OPPORTUNITÀ SPRECATA» (Rahm Emanuel)

A Chicago, il 72% dei decessi da Covid-19 si è registrato all’interno della comunità afroamericana, quando solo un terzo della popolazione appartiene a questo gruppo culturale. Ciò è in parte dovuto alle disuguaglianze sociali preesistenti, in termini di istruzione, di accesso a una sana alimentazione e alle cure sanitarie. Gli afroamericani sono infatti più colpiti da diabete, malattie cardiovascolari e respiratorie. Questi aspetti costituiscono dei fattori di rischio di fronte alla possibilità del contagio.

La pandemia non solo amplifica le disuguaglianze già presenti nella società, ma può arrivare a compromettere in modo irreparabile determinati gruppi e comunità già in tempi ordinari non tutelati, costretti ai margini delle nostre società e del sistema geo-politico. Ne sono esempi estremi i senza fissa dimora, che una casa non ce l’hanno per “restare a casa”, e le comunità indigene dell’Amazzonia, a rischio di “cancellazione”.

I governi devono provvedere a che, in caso di eventi eccezionali, i gruppi sociali più emarginati abbiano assicurate adeguate forme di sostegno, le quali possono anche essere attuate da associazioni sparse sul territorio. Le linee guida di Darwin sono chiare su questo concetto, dedicando una card sulla creazione di network di stakeholders che assicurino la cooperazione in ogni fase della crisi. Se un attore all’interno di questi network (i.e. un governo, un’organizzazione o un privato) non riceve abbastanza supporto, rischia di non superare l’impatto della crisi, con la possibilità di fallire non sono singolarmente, ma insieme a tutti i componenti del network. Per risolvere una crisi, molteplici attori tra loro indipendenti devono lavorare insieme, supportandosi l’uno con l’altro per il raggiungimento dello stesso obiettivo.

 

Articolo a cura della pagina Facebook “Coronavirus – Dati e Analisi Scientifiche“.
Autrice: Martina Patone, PhD in Statistica ed editor della pagina.
Photo by Ivan Aleksic on Unsplash.

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