Neurochirurghi addestrati come astronauti: il progetto ASTRO-NETS

Neurochirurghi addestrati come astronauti: il progetto ASTRO-NETS

Non solo tecnica, in sala operatoria servono anche capacità di comunicazione, problem solving, gestione dello stress. Come nello spazio. Il progetto ASTRO-NETS formerà i neurochirurghi come gli astronauti.

 

Questa primavera, dieci giovani neurochirurghi si ritroveranno sui Colli Berici per affrontare assieme una serie di prove più o meno complesse. No, non è l’ennesimo reality show, tantomeno il set di una nuova serie TV, ma un training ideato per formare team di eccellenza in ambienti ad alto rischio: boschi, pareti e burroni come palestra di allenamento per la sala operatoria.

 

 

Il progetto ASTRO-NETS

L’esercitazione fa parte del progetto ASTRO-NETS (Astronauts for Neurosurgery Training Scheme): su modello dell’addestramento a cui sono sottoposti gli astronauti, il team di progetto vuole strutturare un nuovo percorso formativo per neurochirurghi il cui obiettivo è sviluppare non solo le abilità tecniche, puramente manuali, ma anche le cosiddette competenze trasversali o soft skills: capacità di comunicazione, lavoro di gruppo, leadership, flessibilità e adattabilità, gestione dello stress e della fatica in situazioni critiche.

Nato da un’idea di Francesco DiMeco, direttore della Scuola di specializzazione in Neurochirurgia dell’Università degli Studi di Milano, e Alessandro Perin, neurochirurgo dell’Istituto Neurologico Carlo Besta e direttore scientifico del Besta NeuroSim Center (il primo e più tecnologicamente avanzato centro di simulazione neurochirurgica in Europa), il progetto si concluderà il prossimo ottobre dopo un anno di formazione rivolta a dieci specializzandi al primo anno della Scuola diretta da DiMeco. Deep Blue è tra i partner di progetto assieme all’Università di Milano, all’Istituto Besta, alla Fondazione Heal che promuove la ricerca e l’innovazione in campo medico e alla società MilesBeyond che si occupa dell’addestramento outdoor per l’Agenzia Spaziale Europea (l’attività sui colli è ispirata al Caves Training, un’esercitazione in grotta usata per “allenare” gli astronauti al lavoro di squadra).

 

Allenare le soft skill dei neurochirurghi

“Da giovane credevo che fare il neurochirurgo significasse avere un insieme di competenze tecniche – ammette Perin – ma con gli anni e l’esperienza mi sono reso conto che le difficoltà del lavoro sono per l’80 per cento altre e riguardano la capacità di lavorare in gruppo, di gestire lo stress e prendere decisioni difficili quando si è sotto pressione”. “Di qui la necessità di focalizzarsi anche sulle cosiddette competenze ‘non tecniche’ e il progetto ASTRO-NETS punta proprio a questo modello di formazione integrato – aggiunge DiMeco – l’idea è trasferire le esperienze già maturate nel settore aerospaziale in un contesto di per sé ad alto contenuto tecnologico, come quello neurochirurgico e accademico, naturalmente votato alla formazione e alla sperimentazione”.

“Quando guardiamo a un astronauta e a un neurochirurgo vediamo due figure professionali completamente diverse, ma nella realtà dei fatti ci sono tante cose che li accomunano”, dice l’esperta di Fattori Umani di Deep Blue Vanessa Arrigoni, Project Lead di Astro-Nets. Entrambi svolgono attività ad alto rischio dove ogni errore può avere conseguenze gravi. Sia in neurochirurgia sia nell’esplorazione spaziale, poi, è necessario sapersi adattare rapidamente a situazioni impreviste e gestire efficacemente le emergenze tenendo sotto controllo stress e fatica. Che sia una navetta spaziale o una sala operatoria, le difficoltà sono le stesse. Perché allora non prepararsi ad affrontarle con lo stesso addestramento?

“Così come un astronauta, oltre a essere ingegnere, tecnico e meccanico, deve essere pure un po’ psicologo, motivatore e mediatore, anche un neurochirurgo non deve solo saper usare bene pinze e bisturi – continua Arrigoni – deve anche riuscire a gestire il ‘contesto’, a partire dall’equipe che lavora con lui in sala operatoria. Una parte importante del lavoro che faremo in ASTRO-NETS riguarda proprio questo aspetto: sviluppare le competenze trasversali degli specializzandi”.

“Per la prima volta – aggiunge Perin – sarà insegnato agli specializzandi, che oggi non vengono formati su questo, come affrontare situazioni critiche, ad alto stress, e come gestire i conflitti in un team”.

 

L’importanza della simulazione avanzata

Una formazione con attività sul campo e simulate. Oltre alle esperienze outdoor, infatti, gli specializzandi si alleneranno con il simulatore del Besta, in modo del tutto nuovo però. “Oggi il simulatore viene usato solo per esercitare le abilità manuali dei chirurghi come praticare un foro nel cranio o recidere un tumore – spiega Simone Pozzi, CEO di Deep Blue con una lunga esperienza nella formazione di piloti e astronauti – più utile è invece inserire l’intervento simulato in un contesto più realistico, per esempio riproducendo una dinamica d’equipe, di decisioni condivise quindi, oppure una situazione d’emergenza”. In questo modo si allenano sia la tecnica sia le capacità di comunicazione e risoluzione dei problemi.

“In aerospazio è un ‘esercizio’ che si fa già da una ventina d’anni – continua Pozzi – i piloti e gli astronauti non simulano più la singola manovra, fanno esperienza di una situazione il più possibile reale: la manovra e il contesto”. Tra l’altro, tornando in ambito medico, questo tipo di addestramento aiuta a ridurre la frustrazione lamentata sia dai chirurghi, che spesso confessano di sentirsi soli in sala operatoria, sia dalle altre figure d’equipe che invece contestano di essere poco ascoltate. Tutto a beneficio non solo di chi opera e assiste, ma anche del paziente.

 

Un percorso formativo standardizzato per i neurochirurghi

La frustrazione è soprattutto dei giovani chirurghi. “Iniziano la specializzazione passando dal libro all’ospedale e questo li destabilizza – spiega Arrigoni – parlando con loro spesso ci dicono: ‘tutti si aspettano che noi sappiamo fare tutto, ma noi non sappiamo fare nulla’. Quello che gli serve per non soccombere alla frustrazione delle nuove responsabilità è un apprendimento strutturato, rigoroso e positivo, che ‘valorizzi’ anche l’errore come opportunità di crescita”.

Proprio per questo non si può lasciare la formazione di uno specializzando alla singola iniziativa dei tutor, secondo una selezione di tipo personalistico. “Nell’aerospazio la formazione è un percorso strutturato che prevede determinati obiettivi da raggiungere con specifiche tempistiche – chiarisce Pozzi – in neurochirurgia invece vige ancora un modello da “apprendista di bottega”, un tirocinio che procede per tentativi ed errori. Non esiste un modello di riferimento per mappare le competenze, tecniche e non tecniche, né tantomeno una serie di criteri oggettivi e misurabili per valutarle”. Di conseguenza, è difficile valutare obiettivamente le qualità di un medico, il che può alimentare un sentimento di sfiducia da parte del paziente.

“Nelle varie fasi delle missioni spaziali non ho mai provato paura perché ero consapevole sia della preparazione degli altri membri del team sia del mio livello di preparazione personale e professionale – dice l’ingegnere Paolo Nespoli, astronauta e testimonial del progetto – allo stesso modo, come paziente, mi sono affidato alle mani dei neurochirurghi del Besta avendo piena fiducia nelle loro preparazione e capacità professionali. Per questo ritengo fondamentale che gli specializzandi seguano questo corso per acquisire la necessaria preparazione personale e professionale”.

Alessandro Perin e Paolo Nespoli presso il Neurosim Center del Besta

Alessandro Perin (a sinistra) e Paolo Nespoli (a destra) presso il Neurosim Center del Besta

Un progetto pilota che sogna in grande

In quanto progetto pilota, ASTRO-NETS coinvolgerà unicamente gli specializzandi. “Ma se ci sarà la volontà di portare avanti questo tipo di formazione – dice Pozzi – sarà importante coinvolgere altre figure professionali: anestesisti, infermieri, tecnici”. “E se i risultati dovessero essere favorevoli – conclude DiMeco – ci aspettiamo che questo modello venga recepito anche dalle altre scuole di neurochirurgia, non solo italiane ma anche internazionali”.

 

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