Nuove regole per la sicurezza delle ferrovie

Nuove regole per la sicurezza delle ferrovie

L’Italia recepisce il quarto Pacchetto Ferroviario emanato dalla Commissione europea nel 2013. Cambia quindi la normativa nazionale sulla sicurezza ferroviaria: facciamo il punto.

 

Un drammatico incidente

Il 24 Luglio del 2013 il macchinista di un treno alta velocità stava per raggiungere la stazione di Santiago de Compostela, in Spagna. Percorse la curva che precedeva la stazione a circa 190 km/h: oltre il doppio del limite previsto per quel tratto di linea. Il treno uscì completamente dai binari e molte delle carrozze andarono a schiantarsi contro un muro di cemento. Morirono così 80 persone, mentre altri 152 passeggeri rimasero feriti.

Il macchinista, sopravvissuto all’incidente, negli istanti precedenti il deragliamento stava parlando al telefono con il personale addetto al controllo dei biglietti. Non si era accorto, perciò, di essere in prossimità della stazione. Il tratto di linea che stava percorrendo era una breve sezione sprovvista del sistema di controllo automatico della marcia del treno, denominato ERMTS (European Rail Traffic Management System). Un sistema presente, invece, negli 80 Km di linea precedenti.

In pratica, il macchinista aveva perso consapevolezza del tratto in cui si trovava. Di conseguenza, non si era reso conto che le condizioni operative erano completamente mutate.

 

La lezione di Santiago

In apparenza, l’incidente ferroviario di Santiago de Compostela non ha nulla a che vedere con le normative in materia di sicurezza ferroviaria: la colpa è del macchinista e del suo mancato rispetto dei limiti di velocità. Eppure, un legame tra le due cose c’è. Uno sguardo più ravvicinato, però, rivela che un legame c’è. Lo sottolinea Luca Save, esperto di Sicurezza e Fattori Umani in Deep Blue, autore del libro Un colpevole ci dovrà pur essere. I luoghi comuni sugli incidenti e le strategie più efficaci per evitarli (Primiceri Editore, in uscita il 2 Dicembre 2019).

«Quello di Santiago de Compostela è un classico caso di integrazione non adeguata dei Fattori Umani nella valutazione dei rischi. In quell’occasione, come in altre, l’attenzione dell’opinione pubblica, degli organi di informazione e dei rappresentanti istituzionali si concentrò sulla ricerca del colpevole, che fu facilmente identificabile nel macchinista. Ma se l’obiettivo è quello di prevenire incidenti futuri, è molto più utile cercare di capire perché è stato commesso un errore, piuttosto che fermarsi all’identificazione di chi lo ha commesso.
Bisogna interrogarsi sulle condizioni che possono averlo favorito. Per esempio: è opportuno che ci sia un passaggio repentino fra un tratto di linea dotato di un sistema avanzato di controllo della marcia del treno e un altro tratto che ne è invece sprovvisto? È possibile fornire delle indicazioni nella cabina di guida per aiutare il macchinista a rendersi conto più facilmente del tratto di linea in cui si trova a operare, anche quando la velocità elevata non agevola il monitoraggio dell’ambiente esterno? O ancora: si può condurre un training specifico che renda il macchinista più preparato a riconoscere e prevenire situazioni di questo tipo?».

 

Cosa sono i Fattori Umani

Ma cosa sono esattamente i Fattori Umani? Ce lo spiega Carlo Valbonesi, responsabile di progetti di Ricerca e Sviluppo nel settore dei Fattori Umani in Deep Blue.

«Quando parliamo di Human Factors in ambito lavorativo, ci riferiamo all’interazione tra il lavoratore e l’ambiente di lavoro. Sia quello fisico, per esempio l’organizzazione degli spazi o gli strumenti che utilizza, sia quello umano, ovvero le persone con cui interagisce, ma anche le procedure che deve seguire nello svolgimento delle sue attività.
Chi si occupa di Fattori Umani si chiede: cosa posso fare per migliorare le condizioni attorno al lavoratore affinché il suo lavoro sia sicuro e produttivo? Si tratta di centrare il “design del lavoro” attorno al lavoratore, un po’ come succede nella progettazione dell’interfaccia di uno smartphone o di un computer».

Nel quarto pacchetto ferroviario, e questa è una novità, si parla proprio di integrazione dei Fattori Umani nelle attività lavorative, nelle pratiche di sicurezza e nell’analisi dei rischi da parte delle imprese ferroviarie.

 

Il quarto pacchetto ferroviario

Il 30 Gennaio del 2013 la Commissione europea ha proposto l’adozione di un quarto pacchetto ferroviario. I suoi obiettivi: creare uno spazio ferroviario europeo unico e aumentare la quota modale del trasporto ferroviario, strategico per lo sviluppo dell’Europa. Il pacchetto consiste di un pilastro di mercato e di un pilastro tecnico, quest’ultimo adottato dal Parlamento e dal Consiglio europeo nel 2016. Fa parte del pilastro tecnico la Direttiva 2016/798 sulla sicurezza delle ferrovie, attuata nel nostro ordinamento dal Decreto Legislativo 14 Maggio 2019 n. 50 in vigore dal 16 Giugno 2019.

Cuore della direttiva è lo sviluppo di obiettivi comuni di sicurezza (CST). Essi stabiliscono i livelli minimi di sicurezza da raggiungere in riferimento ai rischi sia dei passeggeri sia della società. La direttiva identifica inoltre i metodi comuni di sicurezza (CSM), che descrivono come sono valutati i livelli di sicurezza e realizzati gli obiettivi.

 

Le autorità nazionali coinvolte

A definire le linee guida per il conseguimento degli obiettivi comuni, anche modificando la normativa nazionale qualora necessario, sono il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’ANSFISA, l’Agenzia Nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, oltre ad altre autorità nazionali interessate. Entro la fine del 2019, l’ANSFISA incorporerà l’attuale ANSF o Autorità Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie, acquisendo competenze anche in materia stradale e autostradale. Spetterà proprio all’ANSFISA, una volta verificato l’adeguamento alle nuove regole con ispezioni, audit e analisi della documentazione, rilasciare un certificato di sicurezza unico alle imprese ferroviarie e un’autorizzazione di sicurezza ai gestori delle infrastrutture, entrambi validi cinque anni. Nel caso del certificato unico di sicurezza, l’ANSFISA lavora in stretta collaborazione con l’ERA (European Railway Agency), l’ente deputato alla certificazione per le imprese che operano in più di uno stato membro dell’Unione europea.

 

Sviluppare una cultura della sicurezza

In una nota, l’ANSFISA raccomanda alle imprese ferroviarie e ai gestori delle infrastrutture lo sviluppo di una cultura della sicurezza e l’integrazione dei Fattori Umani. Nel primo caso si tratta di definire una «strategia finalizzata al miglioramento continuo della cultura della sicurezza nell’organizzazione, che comprenda il ricorso ad esperti e l’impiego di metodi riconosciuti per individuare problemi comportamentali che interessano le varie parti del Sistema di Gestione della Sicurezza e identificando le misure necessarie ad affrontarli».

Riguardo ai Fattori Umani, si sottolinea la necessità di integrarli «nelle fasi di progettazione delle attività lavorative, dell’identificazione delle competenze del personale con compiti di sicurezza, del controllo della corretta esecuzione dei compiti e dell’analisi di incidenti e inconvenienti. Parimenti l’analisi dei rischi deve comprendere quelli derivanti da fattori umani e organizzativi, come il carico di lavoro, la progettazione del lavoro, la fatica o l’adeguatezza delle procedure del Sistema di Gestione della Sicurezza, e dalle attività di altre parti interessate».

 

Cosa fa Deep Blue

Nel nuovo scenario normativo, Deep Blue può affiancare le imprese ferroviarie nel lavoro di integrazione dei Fattori Umani nei loro sistemi di gestione della sicurezza, forte di una decennale esperienza nel settore Safety & Human Factors. Sino a oggi, infatti, abbiamo lavorato soprattutto in ambito aeronautico, dove la cultura dei Fattori Umani è più forte.

Attualmente stiamo lavorando con un’impresa ferroviaria abruzzese per creare un nuovo protocollo di analisi di inconvenienti e incidenti che tenga conto anche dell’ambiente attorno al lavoratore. Parallelamente, ci stiamo occupando di inserire nelle loro procedure di valutazione del rischio i Fattori Umani, esaminando in maniera specifica la loro realtà operativa.

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