La storia dell’aviazione dimostra che il trasporto aereo è sicuro e ha la capacità di adattarsi ai cambiamenti sociali, economici e politici. Perciò non c’è tanto da domandarsi se ripartirà dopo il drastico rallentamento causato dalla pandemia, quanto piuttosto quando e come riuscirà a farlo in sicurezza. Questo il senso dell’intervento di Peter Cerdá, vice presidente per le Americhe della IATA – International Air Transport Association -, al webinar organizzato dalla Embry Riddle Aeronautical University lo scorso novembre. Non che il tema sicurezza non sia mai stato una priorità in aviazione, tutt’altro. Ma l’epidemia da SARS-CoV-2, oltre a paralizzare i cieli (secondo un report pubblicato a maggio da Airports Council International, entro fine anno l’industria perderà più di 94 miliardi di dollari rispetto alle previsioni pre Covid-19), ha portato nuove sfide per la sicurezza che dovranno essere affrontate prima di tornare a volare.
RISCHIO DI CONTAGIO DA SARS-COV2 IN AEREO
I dati sulla possibilità di ammalarsi di Covid-19 in aereo sono chiari e rassicuranti: «Da marzo (dello scorso anno, ndr.), su 1,2 miliardi di passeggeri ci sono stati solo 40 casi di contagi. Volare oggi è più sicuro che mai», sottolineava Cerdá. Tuttavia, sulla sicurezza sanitaria dei voli bisogna continuare a tenere alta la guardia. In questo senso è significativo l’intervento al meeting virtuale della UN World Tourism Organization (tenutosi lo scorso gennaio) da parte della Segretaria Generale dell’ICAO (International Civil Aviation Organization) Fang Liu: ha parlato dei certificati di tamponi e vaccinazioni, la cui introduzione potrà velocizzare la ripresa del traffico aereo. La standardizzazione di tali certificati è infatti oggetto della recente collaborazione fra l’ICAO, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la IATA e altri stakeholders del settore aeronautico. Proprio la IATA ha ammonito l’Europa a supportare un’iniziativa del primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis per l’adozione di un certificato di vaccinazione digitale comune a tutti i paesi dell’Unione, così da permettere la libera circolazione in Europa senza la necessità di tamponi o quarantene.
LA REVIEW DI EASA: TRAFFICO AEREO RIDOTTO E PROBLEMI DI MANUTENZIONE
D’altra parte, il rischio di contagio è solo uno dei problemi portati dalla pandemia nei cieli. E a terra. L’emergenza sanitaria ha ridotto i voli all’osso: -72% del traffico aereo nel 2020 rispetto all’anno precedente (con picchi del -98% durante i periodi di chiusura più severi), ha sottolineato il direttore generale dell’ENAC – Ente Nazionale per l’Aviazione Civile – Alessio Quaranta in un talk organizzato dalla testata giornalistica online The Watcher Post. La conseguenza è che molti aerei sono rimasti a lungo parcheggiati, rischiando senza opportuna manutenzione danni per inattività. Per esempio, la superficie di un aeromobile può deteriorarsi a causa di un prolungato carico statico, ma senza chiamare in causa complessi principi ingegneristici, è sufficiente che un uccello o uno sciame di insetti si rifugino in un velivolo a portare guai. Sono alcune delle considerazioni che emergono dalla Review of Aviation Safety Issues Arising from the COVID-19 Pandemic pubblicata lo scorso giugno da EASA (European Union Aviation Safety Agency), l’Agenzia Europea di monitoraggio e sorveglianza della sicurezza dei cieli Europei.
NUOVE SFIDE PER RIPARTIRE IN SICUREZZA
Il documento analizza le nuove sfide per la sicurezza aeronautica introdotte dalla pandemia e dalle misure anti-contagio: come riconosce EASA, «le consuete valutazioni del rischio basate sulle normali operazioni non sono più attendibili alla luce dei nuovi rischi emersi e dei cambiamenti nell’organizzazione del lavoro». Fra le sfide elencate, ci sono quelle relative a infrastrutture ed equipaggiamenti, che andrebbero sottoposti a controlli e attività di manutenzione straordinari; quelle connesse all’aggiornamento periodico obbligatorio degli operatori di prima linea (specialmente piloti e controllori del traffico aereo), che a causa dello stop forzato o della necessità di svolgere mansioni diverse dalle proprie potrebbero incontrare difficoltà nella pianificazione delle sessioni di training e valutazione, con il conseguente deterioramento di skills acquisite e automatizzate e un’associata diminuzione del senso di efficacia e sicurezza rispetto al proprio lavoro; vi sono poi quelle dovute alla presenza di informazioni obsolete, non aggiornate, sulle procedure operative e la documentazione di aeromobili o piani di volo; infine, quelle imputabili alla crisi economica del settore, perché meno risorse finanziarie significa tagli al personale con riduzione del patrimonio delle conoscenze aziendali e aumento della pressione sui lavoratori rimasti. Infine, ma non meno importanti, ci sono gli effetti della pandemia sui Fattori Umani. Qual è stato, e qual è tutt’ora, l’impatto del Covid-19 sullo stress lavorativo degli operatori aeronautici? Quali i nuovi fattori di rischio per la prestazione umana?
IL PROGETTO ADR E DEEP BLUE
«Si è parlato molto di protezione sanitaria dal contagio nei luoghi di lavoro, ma forse non c’è stata altrettanta attenzione alla protezione psicologica dallo stress lavorativo introdotto dall’emergenza e alla relazione fra questo stress e la capacità dei lavoratori di mantenere livelli stabili di produttività, salute e sicurezza – spiega Paola Tomasello, psicoterapeuta, psicologa dell’aviazione ed esperta in Fattori Umani per Deep Blue – la drastica riduzione dei volumi di traffico e la gestione dell’emergenza sanitaria hanno richiesto agli operatori aeronautici un cambiamento sostanziale nel lavoro sul piano organizzativo, relazionale e della sicurezza. Ad esempio, procedure straordinarie sono state attivate e più volte modificate, e alcune strutture aeroportuali sono state riconvertite a presidi di prevenzione e gestione dell’emergenza Covid-19. Tutti cambiamenti necessari ma che hanno avuto e potrebbero continuare ad avere effetti sullo stress e sul livello di benessere lavorativo delle persone, generando nuovi fattori di rischio per la sicurezza»
Tra gli addetti ai lavori, in pochi hanno affrontato la questione pandemia e stress lavorativo in modo sistematico. In Italia, il primo a essersene interessato è stato ADR – Aeroporti di Roma (Fiumicino e Ciampino), che con Deep Blue ha avviato una collaborazione per individuare i nuovi fattori di rischio e di stress per le attività del personale portati dalla pandemia Covid-19. A tal proposito, Michela Terenzi, Daniele Ruscio, Stefano Guidi e Paola Tomasello, che hanno curato il progetto per conto di Deep Blue, raccontano:
«Abbiamo distribuito ai dipendenti delle aree Movimento, Manutenzione e Terminal, indicati da ADR come potenzialmente i più “esposti”, un questionario appositamente creato per valutare il loro livello di stress. Abbiamo poi proseguito con l’analisi delle risposte per risalire alle cause di questo stress, valutando soprattutto il contributo della pandemia, e capire che tipo di impatto potrebbe avere su qualità e sicurezza del lavoro. I risultati sono stati ulteriormente discussi in focus group, sia per restituire un feedback al personale e raccogliere suggerimenti, sia per trattare in maniera più qualitativa gli aspetti maggiormente rilevanti. Per esempio, abbiamo approfondito il perché di alcune criticità, raccogliendo esempi e casi concreti, così da capire con maggiore chiarezza quali aspetti del “contesto Covid-19” contribuiscono a esacerbare un rischio»
Alla luce dei risultati verranno elaborate raccomandazioni per la valutazione e gestione dello stress e organizzati corsi di formazione sul tema rivolti ai dipendenti ADR.
RICONOSCERE E GESTIRE LO STRESS NEL PERSONALE
In questo primo progetto l’analisi si è concentra sul personale degli aeroporti, tuttavia è chiaro che anche i piloti sono a rischio di “stress pandemico”. Periodi più o meno lunghi di inattività o, al contrario, un sovraccarico di lavoro dovuto alla riduzione del personale, hanno avuto e avranno certamente effetti sulla loro salute fisica e mentale; le compagnie aeree dovranno saperli riconoscere e gestire, e in questo senso il progetto ADR-Deep Blue è esportabile anche ad altre aziende del settore. Con tutte le difficoltà del caso, l’aviazione sarà comunque uno dei settori di trasporto che probabilmente avrà meno difficoltà nell’affrontare le nuove sfide per la sicurezza portate dalla pandemia. Lo stress, nel mondo aeronautico, viene “preso sul serio” da tempo.
«Nel 2017, per esempio, è stato promulgato il Regolamento Europeo 373 che include gli effetti dello stress fra i rischi per la sicurezza aeronautica e obbliga i fornitori di servizi per il traffico aereo ad istituire programmi di rilevazione e gestione dello stress. Il medesimo obbligo è stato poi esteso anche alle compagnie aeree, che ora dovranno creare programmi di peer support per i propri dipendenti, ai sensi del Regolamento Europeo 1042. Sebbene questi Regolamenti siano stati promulgati prima dell’emergenza sanitaria, la pandemia li rende ancora più significativi e attuali, perché la diffusione del virus e i suoi effetti sulle nostre routine personali e professionali hanno portato alla luce gli aspetti biologici, psicologici, sociali ed economici del benessere in un modo che non abbiamo mai visto prima. È quindi verosimile che anche dopo la fine di tale emergenza lo stress continuerà ad essere un trend topic in aviazione», conclude Tomasello.
STANDARD ISO 45003: “GESTIONE DELLA SALUTE PSICOLOGICA E SICUREZZA SUL LAVORO
Tali considerazioni appaiono ancor più rilevanti alla luce della recente introduzione dello standard ISO 45003 “Gestione della salute e sicurezza sul lavoro – Salute psicologica e sicurezza sul lavoro – Linee guida per la gestione dei rischi psicosociali”, uno strumento per aiutare le aziende a prevenire gli effetti negativi dello stress lavorativo sulla salute e sulla prestazione umana. Secondo questo standard, le aziende possono mitigare i livelli di stress del personale andando innanzitutto a identificare i rischi psicosociali causati da determinate condizioni lavorative, che includono aspetti legati all’organizzazione del lavoro (definizione dei ruoli, autonomia, gestione dei cambiamenti, carico di lavoro, precarietà del lavoro, ecc.), alla cooperazione (leadership, supporto fra colleghi, cultura organizzativa, modalità di riconoscimento del merito, supervisione, equilibrio tra vita professionale e vita privata, ecc.), all’ambiente di lavoro e alle attrezzature. In tal modo, lo standard promuove l’adozione di un sistema per il monitoraggio continuo dei rischi psicosociali che corre parallelo alla ricerca di opportunità per la riduzione di tali rischi e al miglioramento continuo. A tutto vantaggio della produttività, sia in termini di aumento dell’efficienza e delle prestazioni dei lavoratori, sia in termini di riduzione di incidenti, infortuni e malattie (un costo per le aziende). Un sistema, quindi, in cui la produttività e la sicurezza coincidono con la salute degli operatori che sono chiamati a generarle.