Volare inquinando meno: passeggeri pronti a compromessi

Volare inquinando meno: passeggeri pronti a compromessi

Nel 2050 gli aerei rilasceranno nei cieli europei 188 milioni di tonnellate di CO2. Siamo disposti a cambiare modo di volare per inquinare meno? Una survey del progetto europeo ClimOp coordinato da Deep Blue dice di sì.

 

Volare inquina, sempre di più perché aumenta il traffico aereo. Dal 2005 al 2019 il numero di voli degli aeroporti EU27+EFTA è salito del 15% raggiungendo quota 9,3 milioni; parallelamente le emissioni di CO2 sono cresciute del 34% arrivando a 147 milioni di tonnellate. Dopo la brusca frenata dovuta alla pandemia (il numero di voli è sceso a 4,12 e 5,07 milioni rispettivamente nel 2020 e 2021), le stime prevedono che entro il 2050 si raggiungeranno i 12,2 milioni di voli annuali, portando a 188 milioni di tonnellate le emissioni di CO2 (dati dal Rapporto ambientale sull’aviazione europea 2022 della European Union Aviation Safety Agency – EASA).

 

Le soluzioni per un’aviazione più green

Nel medio-lungo periodo: carburanti e tecnologia

Se l’Europa vuole raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica (zero emissioni) entro il 2050, anche l’aviazione (che nel 2021 è stata responsabile del 2% delle emissioni globali di CO2) dovrà fare la sua parte. I Carburanti Sostenibili per l’Aviazione (SAF) avranno un ruolo fondamentale nella decarbonizzazione del settore, soprattutto perché possono essere utilizzati subito: non c’è bisogno di cambiare le infrastrutture di fornitura e i motori degli aerei. La Commissione europea ha proposto di aumentare le quote di miscelazione dei SAF nel carburante fornito agli aeroporti dell’UE dal 2% nel 2025 al 63% nel 2050. Sono allo studio anche soluzioni tecnologiche: motori più efficienti nell’uso dei combustibili (e che mitighino pure le emissioni di particolato e degli ossidi di azoto, questi ultimi inquinanti con un potere climalterante superiore rispetto alla CO2), velivoli dalla struttura ancora più aerodinamica, aerei con motori elettrici o a idrogeno. Ricerca e sviluppo si muovono in questa direzione, ma le innovazioni allo studio non saranno disponibili se non nel medio-lungo periodo.

 

Subito: modifiche alle misure operative

Quello che si può fare nell’immediato è cambiare modo di volare. In che modo lo sta investigando il progetto europeo ClimOp (Climate assessment of innovative mitigation strategies towards Operational improvements in aviation) coordinato da Deep Blue e finanziato nell’ambito del programma Horizon2020, il cui obiettivo è proprio individuare quali aspetti delle attività che riguardano i voli, le operazioni aeroportuali, il controllo e la gestione del traffico aereo possono essere modificati per ridurre le emissioni inquinanti dell’aviazione (ne avevamo parlato qui). Diminuire l’impatto ambientale delle misure operative contribuirà a raggiungere uno dei goal del Flightpath 2050 dell’Unione europea: ridurre le emissioni di CO2 e degli ossidi di azoto rispettivamente del 75% e del 90% entro il 2050.

ClimOp ha analizzato fattibilità e impatto ambientale di due misure operative: Climate-optimised Intermediate Stop Operations (operazioni di scalo intermedio ottimizzate per il clima) e flying low-and-slow (volo basso e lento). Cosa significano ce lo spiega Alessandra Tedeschi, a capo del settore Ricerca & Sviluppo di Deep Blue e coordinatrice del progetto: “Un aereo consuma, e quindi inquina, tanto di più quanto maggiore è il suo peso. Per questo nei viaggi intercontinentali non conviene far partire gli aerei a pieno carico di carburante, che sono più pesanti, bensì farli viaggiare più leggeri prevedendo tappe intermedie per fare rifornimento”. Riguardo all’altra misura operativa aggiunge: “Gli aerei volano ad alte quote perché più si sale più l’area è rarefatta e diminuiscono attrito e consumi di carburante. Ma a bassa quota alcune emissioni inquinanti hanno un impatto minore sul clima. Anche ridurre la velocità aiuta. Con questi interventi c’è un potenziale medio di mitigazione del clima del 6,3% per i voli a lungo raggio e del 12,5% per quelli inter-europei”.

 

Cambiare modo di volare: che ne pensano i passeggeri?

Tecnicamente sono soluzioni facilmente attuabili, ma qual è la loro social acceptance? I ricercatori di ClimOp hanno condotto un sondaggio su oltre 400 passeggeri tra i 18 e 44 anni intervistandoli su abitudini di viaggio, consapevolezza della crisi climatica, conoscenza dell’impatto ambientale dell’aviazione e, soprattutto, disponibilità ad accettare cambiamenti nelle abitudini di volo per rendere più green il trasporto aereo.

 

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Tra gli intervistati, la consapevolezza che esiste una crisi climatica è elevata (22,2% del campione) o molto elevata (52,1% del campione), anche se solo il 19,5% conosce l’attuale impatto dell’aviazione sul clima. Colpisce un dato: sia che si tratti di iniziative nazionali, europee o specifiche del trasporto aereo, oltre la metà degli intervistati ignora che si stiano portando avanti azioni di mitigazione. “Bisogna puntare di più sulla comunicazione: servono più e più incisive campagne di sensibilizzazione e informazione sul tema”, dice Tedeschi.

Comunque sia, la maggior parte del campione ritiene sia importante impegnarsi per voli più “puliti” ed è disposto a fare la sua parte. Per esempio, due terzi dei partecipanti si sono dichiarati favorevoli a imbarcarsi su voli a corto e lungo raggio più lunghi degli attuali rispettivamente del 20% (30 minuti su un volo di 2 ore e mezzo) e del 16% (2 ore in più su un volo di 11,2 ore). “Spezzare i voli aiuterebbe non solo la lotta al surriscaldamento globale e all’inquinamento ma l’economia in generale se si sfruttassero gli scali per promuovere il turismo nelle città in cui avvengono – sottolinea Tedeschi – è evidente che parliamo di un processo che dovrà vedere il coinvolgimento di diversi attori: gestori di aeroporti, strutture ricettive, municipalità, attrazioni turistiche e culturali”.

I passeggeri intervistati sarebbero anche disposti a pagare biglietti più costosi del 25% (il 31,8% del campione) e del 50% (30,1% del campione), sia per i voli a corto raggio sia per quelli a lungo raggio, se ciò servisse a ridurre le emissioni dei loro voli (le misure operative analizzate da ClimOp comportano un aumento dei costi per gli stakeholder coinvolti). Ancora, la maggior parte dei passeggeri accetterebbe collegamenti aerei meno frequenti con aerei più grandi e al completo, mentre farebbe fatica a “digerire” una limitazione dei bagagli. Infine, oltre la metà del campione dichiara di essere disponibile a firmare una petizione per incrementare i voli a basse emissioni di anidride carbonica e incline a scegliere i voli in base alla loro “reputazione climatica”. “I passeggeri sono più ‘maturi’ di quanto immaginavamo e disposti a qualche sacrificio comprendendone l’importanza per l’ambiente e il clima – conclude Tedeschi – i dati del sondaggio, che in parte hanno sorpreso anche noi addetti ai lavori, sono un messaggio per tutti gli stakeholder dell’aviazione: bisogna ripensare servizi e modelli di business in un’ottica green”.

 

Ridurre l’inquinamento anche a terra

L’aviazione inquina non solo a causa degli aerei. ClimOp ha analizzato l’impatto complessivo di un aeroporto in termini di inquinamento e contributo al riscaldamento globale misurando le emissioni generate dai veicoli operativi di terra (autobus, carrelli bagagli, automobili e furgoni del personale, ecc.), dall’infrastruttura aeroportuale (in particolare palazzi e uffici) e dagli aerei in fase di taxi dalla pista di atterraggio al gate e ritorno. Scoprendo che, senza “sconvolgere” le abitudini di volo dei passeggeri, si può abbattere l’impatto ambientale dell’aviazione anche intervenendo sulle ground operation. “In particolare, le emissioni dovute a riscaldamento, illuminazione e condizionamento dell’aria degli edifici possono essere ridotte del 20% grazie all’efficientamento energetico”, ha spiegato Carlo Abate, Head of Environment & Energy di Deep Blue che per ClimOp ha curato l’analisi delle emissioni dei veicoli di terra.

Le emissioni di CO2, ossidi di azoto e particolati prodotti dagli aerei in fase di taxi potrebbero invece diminuire del 50% se gli aerei fossero trainati da trattori elettrici. “Similmente, se tutti i veicoli di terra fossero alimentati da motori elettrici e l’elettricità provenisse da fonti rinnovabili, le emissioni potrebbero essere virtualmente azzerate”, aggiunge Abate. La riduzione delle emissioni inquinanti negli aeroporti, spiega il ricercatore, avrebbe un doppio beneficio: da un lato, l’impatto di un aeroporto di media grandezza (circa 300 voli al giorno) sarebbe approssimativamente dimezzato in termini di contributo al riscaldamento globale; dall’altro, l’abbattimento delle emissioni di gas inquinanti e particolati contribuirebbe al miglioramento della qualità dell’aria al suolo, con benefici per addetti ai lavori, passeggeri e comunità locali (nel caso di aeroporti urbani).

Vai alla survey del progetto ClimOP

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