Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza: l’impegno di Deep Blue per l’inclusività

Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza: l’impegno di Deep Blue per l’inclusività

Il Gender Equality Plan di Deep Blue, un’occasione per promuovere una cultura aziendale inclusiva e partecipare alla costruzione di una società più giusta, equa e sostenibile.

 

Buona Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza. C’è poco da festeggiare, stando ai dati: nel mondo del lavoro STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), le donne sono appena il 28,2% della forza lavoro, contro il 47,3% nel mondo non-STEM (Global Gender Gap Report, 2024). Il report McKinsey del 2023 “Women in tech: The best bet to solve Europe’s talent shortage” fotografa la situazione europea: solo il 37% delle persone che lavorano in aziende di tecnologia è rappresentato da donne, la maggior parte impiegata in società di social networking (50%) e attività di e-commerce (46%), pochissime come sviluppatrici e ingegnere (22%). E le previsioni non sono buone: considerando che sempre meno donne scelgono un’istruzione superiore STEM (attualmente le donne sono solo il 38% delle persone laureate in materie scientifico-tecnologiche; appena 1 su 6 in Italia), la percentuale femminile tra chi lavora nel tech in Europa potrebbe scendere al 21% entro il 2027.

 

Il Gender Equality Plan introdotto dall’Unione Europea

I fattori culturali, sociali e psicologici che ostacolano l’emancipazione delle donne nel campo STEM sono molteplici e si rinforzano a vicenda. In generale, la questione della rappresentanza di genere – dove la parola genere ha un significato ben preciso: ci riferiamo alle caratteristiche di donne e uomini, ragazze e ragazzi che sono socialmente costruite, incluse norme, comportamenti e ruoli associati all’essere donna, uomo, ragazza o ragazzo, così come i rapporti reciproci, non connaturati al semplice fatto di essere biologicamente femmine o maschi alla nascita – nel mondo del lavoro, della ricerca e delle istituzioni è stato affrontato dall’Unione europea in maniera strutturale e sistematica attraverso l’introduzione del Gender Equality Plan (GEP). Il GEP definisce impegni e azioni (per esempio specifiche politiche di reclutamento e conciliazione vita-lavoro, programmi di formazione e mentoring) che mirano a promuovere l’eguaglianza di genere attraverso un processo di cambiamento strutturale nelle organizzazioni. Gli enti pubblici (ministeri, comuni, ecc.), gli enti e gli istituti superiori di ricerca (pubblici e privati) devono obbligatoriamente avere il proprio GEP per poter accedere ai finanziamenti europei del programma Horizon Europe per la ricerca e l’innovazione.

 

L’impegno di Deep Blue per l’inclusività e la parità di genere

In quanto piccola e media impresa, a Deep Blue non è richiesto obbligatoriamente un GEP. Nonostante questo, nel 2022 la società ha deciso di dotarsi di un proprio piano. “È venuto naturale – racconta Vera Ferraiuolo, a capo del settore Dissemination, Visual & Graphic Design, che ha collaborato alla redazione del piano biennale (2024-2025) della società – siamo una PMI di ricerca e consulenza specializzata in Fattori Umani, mettere le persone al centro del ‘processo’ fa parte del nostro dominio culturale”. Così è iniziato un lungo e delicato lavoro di raccolta e analisi dati, il punto di partenza per una riflessione umana, oltre che lavorativa. “La nostra cultura aziendale è molto incentrata sulla persona e, nonostante a livello di rappresentanza lo stato dei fatti ci rassicurasse (i dati con cui è stato costruito il piano, relativi al 2021, confermavano una maggioranza femminile tra il personale, una ripartizione equa tra piani ‘alti e bassi’, stessi scatti di carriera negli anni precedenti, ndr.) abbiamo deciso di procedere con una verifica interna dei nostri bias, perché non c’è niente di peggio che averne e non rendersene conto – prosegue Ferraiuolo – quindi la domanda è stata: le cose sono davvero così equilibrate come ci sembrano oppure ci sta sfuggendo qualcosa?”.

“Ci siamo subito rese conto che la nostra era una parità apparente – spiega Mara Marzella, consulente esperta in Progettazione Sociale per l’inclusione di genere e innovazione sociale – la parità numerica, infatti, veniva meno disaggregando i dati per aree di ricerca, con un evidente bias sociale e culturale: l’area tech/innovazione/IA era a prevalenza se non a totalità maschile; quella amministrativa o di dissemination, invece, interamente o quasi femminile”. Una dinamica, quella emersa dall’analisi approfondita dei dati organizzativi, che era il riflesso di quella esterna, dove i bias spesso nascono in famiglia, proseguono nella scuola e si rafforzano nella società. “È stata una presa di coscienza che ha dato il via a un processo partecipato e partecipativo per individuare tematiche ‘sensibili’ e le azioni per mitigare eventuali gap: a fine anno, sulla base dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi prefissati, il GEP sarà aggiornato”, continua Marzella.

 

Nuovi processi e strumenti aziendali per il Gender Balance

La pianificazione delle misure e delle iniziative da avviare all’interno dell’azienda ha riguardato diverse aree. Si è partiti dall’analisi dei bisogni: una fase di ascolto per comprendere come le persone in Deep Blue vivano la propria appartenenza di genere e le prospettive e percezioni rispetto a questa dimensione, e per portare alla luce eventuali situazioni di difficoltà o vere e proprie discriminazioni “sommerse”. Sono state riviste le procedure di job alert (come far circolare le offerte di lavoro all’interno di specifici network femminili), selezione dei curriculum e quindi scelta del personale candidato per garantire una gender balance in ciascun’area di ricerca; sono stati organizzati workshop tematici e percorsi formativi – per esempio sul linguaggio, con l’adozione di linee guida interne rispetto al gender responsive language – per “nutrire” e consolidare una cultura aziendale da cui partire per implementare in maniera solida le azioni più strutturali; i cluster salariali, definiti in base a esperienza, ruoli e responsabilità, sono stati resi trasparenti per evidenziare possibili situazioni di non equità. Sul fronte delle modalità lavorative, poi, Deep Blue ha puntato su flessibilità e smart working per venire incontro alle esigenze di ciascun dipendente (e accogliere una serie di necessità legate anche alla disabilità, nell’ottica di un’inclusione universale, non legata solo al genere) e favorire la genitorialità.

“Molto del lavoro fatto è servito a ufficializzare e sistematizzare buone pratiche interne che già esistevano ma in maniera informale – evidenzia Ferraiuolo – abbiamo colto l’occasione dell’introduzione di questo strumento per continuare a ‘tenere la rotta’ in un momento di grande espansione numerica dell’azienda (i dipendenti sono quadruplicati nell’arco degli ultimi 4 anni). Il GEP ci sta servendo come guida per non perdere la ‘retta via’: prima, per esempio, non avevamo un sistema per raccogliere in maniera sistematica quanti colloqui facevamo alle donne rispetto agli uomini. Ora ce l’abbiamo”.

 

Un cambiamento culturale anche rivolto all’esterno

Un aspetto interessante del GEP di Deep Blue, che nasce dalla peculiarità del suo contesto lavorativo, sono le azioni rivolte all’esterno. “Partecipando a molti progetti di ricerca europei collaboriamo con partner che vengono da realtà sociali e culturali diverse: siamo contaminati ed esposti a contesti esterni, a culture aziendali diverse, a sistemi valoriali e culturali differenti rispetto al genere e in senso più ampio all’inclusione sociale. Vogliamo fare la nostra parte e promuovere una responsabilità condivisa nella realizzazione dell’eguaglianza di genere e inclusione sociale anche in quei contesti” aggiunge Marzella. Quelle esterne sono soprattutto azioni di comunicazione per manifestare cultura aziendale e impegno rispetto alle questioni di genere, e sono in preparazione linee guida da condividere all’interno dei consorzi di progetto per creare sinergie. “Anche a nostro vantaggio – ammette Marzella – perché collaboriamo pure con realtà che rispetto al tema dell’equità sociale sono più avanti di noi e da cui possiamo e dobbiamo imparare tanto”.

In un momento storico-sociale molto complicato, nessuno può chiamarsi fuori dalla responsabilità di contribuire all’eliminazione delle diseguaglianze. “Crediamo che oggi le aziende non debbano avere unicamente una responsabilità economica ma anche sociale e ambientale – continua Marzella – il GEP è un’occasione per creare e rafforzare una cultura aziendale più equa e inclusiva, ma il suo valore va oltre i confini dell’azienda stessa, aiuta a promuovere una responsabilità sociale che contribuisca a ridurre un divario che esiste ‘fuori’ e nel quale le difficoltà di accesso delle donne a un’istruzione e una carriera in ambito scientifico-matematico-tecnologico sono solo una parte del problema”.

“Desideriamo essere portatori di un cambiamento concreto per la promozione della parità di genere – conclude Ferraiuolo – per Deep Blue il GEP rappresenta, in un certo senso, un riconoscimento del lavoro svolto negli anni, ma allo stesso tempo è uno strumento che aiuterà a proiettarci verso un futuro migliore, dove le condizioni siano più eque rispetto a oggi. Inoltre, ci consente di inserire il nostro impegno all’interno di un contesto sociale più ampio, manifestando una presa di posizione che conferisce al nostro piano un valore politico, sociale e culturale in linea con le sfide attuali”.

 

Il Gender Equality Plan di Deep Blue

Promuovere una cultura aziendale inclusiva e partecipare alla costruzione di una società più giusta, equa e sostenibile

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